Pubblicato da Alessandro Rosa il: 9 dicembre 2023

I brand e la disabilità

Dalla pubblicità alla differenziazione del prodotto (seconda parte)

10-12-I-brand-2

Nello scorso numero di questa rivista avevamo presentato dei brevi estratti appartenenti alla tesi di laurea triennale di Alessandro Rosa “I brand e la disabilità: dalla pubblicità alla differenziazione del prodotto” (corso di studi dell’Università di Torino in Economia aziendale, percorso Marketing). Questa volta continuiamo il filo del discorso riportando altri passi di questa tesi, nei quali il nostro bravo autore prosegue la sua approfondita analisi dell’importante nonché interessante tema relativo ai diversi modi nei quali oggi “le imprese si approcciano al mondo della disabilità, dalla pubblicità allo studio e all’ideazione dei vari prodotti”. Ricordiamo che questo è un argomento di stretta attualità oltreché di fondamentale rilevanza per il raggiungimento di una piena inclusione (non solo delle persone disabili) nella società contemporanea.

Secondo Capitolo, Secondo Paragrafo

Dalle prime insegne ai social network (alcuni esempi di pubblicità inclusiva)

[…] Come per le imprese è diventato importante instaurare una relazione con il cliente, creando un engagement, anche per i consumatori è diventato essenziale fare attenzione al mondo che li circonda e alle tematiche come quelle della sostenibilità sociale e ambientale. Per questo motivo la pubblicità si è trasformata in una rappresentazione non più stereotipata delle vicende e della realtà quotidiana. Quindi le imprese cercano di avvicinarsi a questi bisogni, trasformando la vendita dei loro prodotti e dei loro servizi in qualcosa di più inclusivo e attento alle esigenze della collettività. Per soddisfare queste necessità nasce il concetto di pubblicità inclusiva, che assume una caratteristica più autentica e genuina. Infatti non vengono più scelte soltanto quelle persone con i lineamenti canonici di bellezza dettati dalla società arcaica, bensì si comincia a rappresentare tutte le minoranze e le categorie, senza alcun tipo di distinzioni fisiche, etniche e relative al genere. Si concretizza quindi una nuova concezione di società, che ingloba anche tutti coloro che fino a questo momento erano passati inosservati. Questo non è un fenomeno del momento, ma qualcosa che si spera sia destinato a durare nel lungo periodo, per cui molte imprese hanno già provato ad accostarsi a questo “nuovo mondo”, cercando di essere sempre più inclusive sia dal punto di vista del prodotto che della pubblicità. Ecco alcuni esempi delle relative pubblicità:

- Maltesers con la campagna “Look on the side light of disability”, in cui la disabilità viene rappresentata come normalità e non come tabù, e i protagonisti sono persone disabili che parlano con gli amici sentendosi quindi inseriti all’interno della società e non più emarginati.

- Tommy Hilfiger con l’iniziativa sostenibile “Make it possible”, in cui promuove anche la sua collezione “Tommy Adaptive”, costituita da vestiti comodi e facilmente indossabili per portatori di handicap di vario tipo.

- Nuvenia con lo spot “Viva la vulva”, che vuole abbattere tabù e stereotipi sui bisogni fisiologici femminili e sul corpo delle donne.

- Zalando con la campagna “Oggi per Domani”, che intende sensibilizzare su temi inclusivi di vario genere, dimostrando che non bisogna farsi scoraggiare dai pregiudizi ma celebrare la diversità perché è fonte di ricchezza.

- Victoria’s Secret con Sofía Jirau, la sua prima modella avente la sindrome di down, per dimostrare che non esiste nessun limite sociale, neanche nelle sfilate di moda.

- Zara con Patrick, un bambino con la sindrome di down scelto nel 2019 come modello per una campagna mondiale. Patrick, insieme a suo fratello, ha partecipato al servizio fotografico in cui comparivano, oltre ai due bambini, sedici immagini che volevano essere un simbolo di cambiamento e di apertura.

- River Island con una campagna lanciata tempo fa, in cui i testimonial erano dei bambini, alcuni dei quali portatori di handicap. L’obiettivo principale della campagna, il cui slogan era “Le etichette sono fatte per i vestiti, non per i bambini”, era proprio quello di celebrare la diversità.

Secondo Capitolo, Terzo Paragrafo

Si è veramente aperti al mondo della disabilità in tivù?

Com’è successo alla pubblicità, anche il mondo televisivo ha subìto un’evoluzione, probabilmente dettata dall’esigenza della società di sentirsi in qualche modo rappresentata nell’interezza delle sue diversità. Il frutto dell’esperienza di questi anni è la consapevolezza che, per avere una comunità sempre più attenta alla sostenibilità e alle tematiche sociali e ambientali, bisogna educare e sensibilizzare i bambini fin da piccoli. Infatti, tramite giochi e attività quotidiane, si può far percepire ai bimbi, ovvero agli adulti di domani, che la “diversità è normale” e può essere una risorsa, non un disagio. Questo è importante sia per non far sentire i bambini inadeguati di fronte alle loro differenze e disabilità, accettando anche le diversità altrui, così come per mettere le radici e far crescere una società più consapevole. A tal proposito, negli ultimi anni, sono state create parecchie serie televisive, programmi, cartoni animati e film che affrontano le varie sfaccettature del mondo della disabilità. Per quanto riguarda i cartoni animati si possono citare:

- Peppa Pig e la sua amica Mandy Topolina, costretta per la sua disabilità a vivere sulla sedia a rotelle. Tuttavia ciò non le impedisce di instaurare un forte legame con i suoi amici e vivere una vita normale e anche ricca di avventure.

- Pablo, un bambino autistico che, disegnando animali che prendono vita per trasmetterci le sue emozioni, ci rende partecipi delle sfide che deve affrontare ogni giorno.

- Heidi, uno dei più celebri cartoni animati degli anni ’80. Il cartone racconta le vicende di questa bambina e del suo gruppo di amici, tra cui Klara, un’altra bambina affetta da poliomielite e in sedia a rotelle.

Invece, tra le serie tv e i film che hanno destato maggiore attenzione, possono essere menzionati:

- The good doctor, una serie televisiva che narra la passione di un ragazzo autistico per la medicina. Infatti, nonostante la sua disabilità, intraprende la carriera di chirurgo in uno dei più prestigiosi ospedali della California. La sua disabilità viene inizialmente vista come un ostacolo, per poi diventare al contrario una risorsa, grazie alla quale esso riesce a raggiungere numerosi traguardi e a risolvere moltissimi casi medici anche complessi.

- Speechless, un’altra sit-com statunitense, che racconta le vicende della famiglia DiMeo composta da madre, padre e tre figli, il più grande dei quali è affetto da paralisi cerebrale infantile. Attraverso la sua personalità intraprendente e il suo forte umorismo, nonostante sia impossibilitato a parlare (se non con l’uso di una tavoletta e di un puntatore), affronta ogni giorno le vicende da liceale assieme al suo fedele assistente. La serie vuole distruggere uno degli stereotipi più diffusi sulla disabilità: il rappresentare sempre le persone disabili come una fonte di saggezza, competenza e buonismo rispetto alle relazioni e alle attività quotidiane.

- Quasi amici, una commedia drammatica del 2011, che mette in scena il forte legame di amicizia che nasce tra Philippe (un signore tetraplegico) e il suo assistente Driss. Il film dimostra come gli ostacoli incontrati da chi ha una disabilità possano non essere un problema e, nonostante le difficoltà, insegna a vivere pienamente e con gioia la vita. E’ anche importante avere accanto le persone giuste, che in alcuni casi rappresentano un necessario prolungamento delle persone disabili.

- Il viaggio di Sammy, docufilm in cui Sammy Basso è un ragazzo affetto da progeria, una malattia rara che causa un invecchiamento fisico precoce. La trama ha come soggetto le modalità con le quali il protagonista ha vissuto il suo viaggio in America, nel quale ha avuto anche la possibilità di incontrare il regista del suo film preferito, Avatar, il cui personaggio principale utilizza una sedia a rotelle.

La risposta alla domanda “In televisione si è veramente aperti al mondo della disabilità?”, rimane tuttora incerta e approssimativa. E’ vero che, come per la pubblicità, anche la rappresentazione della disabilità in tivù (serie, film, spot pubblicitari eccetera) sta cambiando, volgendosi verso una visione sempre più inclusiva. Però è anche vero che questo mutamento di prospettiva sta avvenendo in modo alquanto lento e poco al passo con i tempi. In effetti la rappresentazione della disabilità è ancora infarcita da un lato di stereotipi, in quanto i disabili, oltre a interpretare per lo più ruoli di persone “angeliche”, sono sottoposti al concetto di pietismo sotto ogni punto di vista. D’altra parte, molti preferiscono non affrontare per nulla il tema della disabilità, per paura di subire critiche e di non descrivere al meglio le situazioni che queste persone devono fronteggiare. Tuttavia il miglior modo per includere la disabilità è parlarne, senza aver paura di essere giudicati. La critica ai film e alle serie televisive che provano a raccontare storie e vicende di personaggi con disabilità, in questi casi, è poco costruttiva perché si corre il rischio che la disabilità non venga più raccontata e che quindi persone e temi come questi vengano emarginati e stereotipati ancora di più. (continua)