Pubblicato da Noemi Canavese il: 16 dicembre 2022

Vita indipendente, libertà di scelta e autodeterminazione

Dipendenti da qualcuno, ma liberi di vivere la propria vita

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Negli ultimi anni, sempre più spesso, all’interno dell’ambiente associazionistico e non solo, si parla di Vita indipendente per la persona con disabilità. Si tratta di un tema caldo e caro a persone disabili, familiari e operatori che lavorano in questo contesto. Tuttavia oggi come oggi, pur essendo un percorso sancito e garantito da leggi, si rivela ancora tortuoso e complicato, colmo di difficoltà pratiche, paure, ansie, preoccupazioni e anche rabbia.

La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con la Legge 3 marzo 2009 n. 18 (il cui Articolo 19 è “Vita indipendente e inclusione nella società”), riconosce il diritto di tutti i portatori di handicap a vivere nella società con la stessa libertà di scelta delle altre persone. La Legge nazionale 162/1998 prevede poi l’attuazione di piani personalizzati di assistenza familiare, con la finalità di incoraggiare l’autonomia e fornire sostegno alla famiglia in cui è presente una persona con grave disabilità. Invece la legge 112/2016, meglio nota col nome “Dopo di noi”, si propone di promuovere e favorire il benessere, l’inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità, proponendo piani di sostegno che qualora, ad esempio, venisse meno l’aiuto dei genitori, non includano l’istituzionalizzazione.
Queste leggi, appunto, sanciscono il diritto di scegliere liberamente quale vita condurre: la persona disabile è l’unica che può decidere per se stessa. Infatti essa sa perfettamente che “vita indipendente” non significa “vita autonoma” (e, ovviamente, ciò è condizionato dal grado di handicap da cui si è afflitti). Tuttavia farsi aiutare, aver bisogno di sostegno, anche per svolgere attività routinarie, non significa però essere totalmente dipendenti.

La Vita indipendente (cfr. <https://it.wikipedia.org/wiki/Vita_Indipendente>) è una filosofia, con un movimento internazionale, che promuove l’autodeterminazione delle persone con disabilità, il rispetto per se stessi e le pari opportunità e che, attraverso il superamento della semplice logica dell’assistenzialismo e dell’istituzionalizzazione, mira alla piena inclusione nella società e nella collettività.
In effetti la Vita indipendente parte dell’idea che siano gli stessi disabili i migliori conoscitori delle loro difficoltà, e pertanto soltanto essi devono cercare le soluzioni organizzative più idonee per risolverle, divenendo così, da oggetto passivo di politiche assistenzialiste, soggetto attivo, con i medesimi diritti e obblighi delle persone non disabili. Per questo motivo il movimento in questione si oppone a qualsiasi forma d’internamento negli istituti, anche i più moderni e accoglienti, che alla fine portano all’esclusione sociale. In definitiva viene contestata l’idea che il disabile sia un malato da ospedalizzare, riducendo i suoi bisogni a delle semplici necessità di assistenza sanitaria.
Il movimento colloca al centro la persona disabile, ma ciò che viene così proposto è impossibile da realizzare se non si tiene conto del contesto familiare.

06-07-Vita-3-webDurante le ultime Manifestazioni nazionali della Uildm, svoltesi a Lignano Sabbiadoro nello scorso mese di maggio [vedi più avanti, N.d.R.], è emersa l’importanza di realizzare un lavoro congiunto (promosso dal Gruppo Giovani e dal Gruppo Psicologi della Uildm) che possa aiutare sia la persona disabile a riconoscere i propri bisogni, i desideri e le aspettative per la propria vita, sia i familiari a essere sempre più consapevoli del desiderio di indipendenza dei propri figli.
Per quanto desiderato, il distacco dal nucleo familiare è un cambiamento importante e come tutti i mutamenti radicali spaventa, preoccupa e provoca incertezze. Ciononostante non tutti i portatori di handicap avvertono questa necessità e quindi, in questo caso, è ancora più fondamentale il lavoro sul nucleo familiare, per predisporre un “durante noi”, in modo che il “dopo noi” non colga impreparati.

Il lavoro con i genitori permette l’elaborazione di paure e preoccupazioni che toccano diversi aspetti, come:
– La possibilità di trovare persone affidabili che si possano occupare del figlio/a.
– L’inquietudine per il fatto che nessuno lo assisterà amorevolmente come loro e che i bisogni non verranno accolti.
– La preoccupazione di non affidare il carico ad un/a fratello/sorella se presente, ma allo stesso tempo poter contare sulla sua presenza.
– La difficoltà nel rimanere in una posizione di incertezza rispetto al futuro.
– La paura di andarsene all’improvviso o, invecchiando, di non avere più la forza e di lasciare il/la figlio/a senza assistenza.
– La paura che la vita relazionale del figlio/a sia vuota.
– Affrontare la perdita del ruolo di caregiver.
– La paura di lasciar andare il/la figlio/a vedendolo come un adulto.

A06-07-Vita-2-webffrontare queste emozioni, sensazioni e pensieri può portare a consapevolezze significative: la possibilità di trascorrere del tempo di qualità con il/la proprio/a figlio/a non essendo più il caregiver principale, sapere che il/la proprio/a figlio/a conduce la vita che desidera costruita sui suoi bisogni e che si sente realizzato/a, sapere di aver sistemato le cose non solo per il “dopo di noi” ma già fin da ora e in ultimo, ma non per importanza, l’opportunità di godersi gli anni che rimangono e poter fare cose che magari non è si era mai riusciti a fare prima.

La persona disabile, al pari di tutte le altre persone, avverte l’esigenza di rendersi indipendente e di staccarsi dai propri genitori. Emerge quindi l’esigenza di sentirsi trattati come adulti, le cui necessità sono cambiate, e la consapevolezza di aver bisogno dei propri spazi e dei propri tempi, che spesso non coincidono con quelli dei genitori. In questo sentire c’è speranza per il futuro, un futuro però dove una delle più grandi difficoltà sarà quella di trovare assistenti personali preparati che, si augurano i diretti interessati, “possano fare con le loro braccia e lo loro gambe quello che io non posso fare”.

Purtroppo è un dato di fatto: la Vita indipendente è faticosa, difficoltosa e talvolta fa pure paura. In fondo essa è costituita da una serie di porte che si aprono sul futuro: non possiamo sapere cosa ci sarà esattamente e l’incertezza tocca la paura dell’ignoto. Il nostro obiettivo non è cancellare questo timore, ma affrontare le eventuali difficoltà anche se ci spaventano, sapendo che non possiamo essere sempre sicuri al cento per cento e che non siamo in grado di controllare tutto.

Quando le porte della percezione si apriranno, tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite. (William Blake)