Pubblicato da Liliana Vercelli il: 26 giugno 2020

Miastenia gravis

La dottoressa Liliana Vercelli, Specialista in Neurologia, ci parla della Miastenia gravis, una patologia disimmune che compromette la comunicazione fra i nervi e i muscoli, provocando episodi di debolezza muscolare.

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La Miastenia gravis è una patologia disimmune, caratterizzata da affaticabilità e debolezza muscolare che può coinvolgere, con diversa gravità, i muscoli degli arti, quelli oculomotori, la muscolatura del collo, quella del respiro e quella deputata alla deglutizione.
Questa malattia è causata dalla presenza di autoanticorpi (cioè quelli prodotti dall’organismo in modo anomalo) diretti contro il recettore dell’acetilcolina, il neurotrasmettitore deputato alla trasmissione neuromuscolare. Affinché avvenga il movimento al livello della giunzione neuromuscolare (dove il nervo viene a contatto con il muscolo) è necessario che dal terminale nervoso vengano rilasciati dei “pacchetti” (denominati quanti di acetilcolina), i quali si legano ai recettori posti sulla membrana muscolare e permettono il passaggio dell’impulso e quindi il successivo movimento.
La presenza di tali anticorpi impedisce il legame tra acetilcolina e recettore, perciò l’impulso non viene trasmesso e questo fatto si manifesta clinicamente con la debolezza muscolare. Inoltre, a lungo termine, si riduce pure il numero dei recettori liberi espressi sulla superficie delle cellule muscolari.
La Miastenia gravis può svilupparsi a qualsiasi età, anche se è più frequente nei soggetti giovani (dai 20 ai 40 anni). Un secondo picco di incidenza si verifica in età medio-avanzata (più di 60 anni) e in tale frangente risulta comunque importante escludere che non vi sia una forma cosiddetta paraneoplastica, cioè correlata a tipologie tumorali (anche ignote).
Invece, in caso di gravidanza, gli autoanticorpi oltrepassano la barriera placentare per cui diventa possibile lo sviluppo di forme di Miastenia neonatale che poi, nelle prime settimane di vita dei neonati, si risolvono.

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La sintomatologia della Miastenia è di tipo fluttuante, per cui il paziente migliora con il riposo (infatti, solitamente, al mattino la sua condizione è migliore) e peggiora svolgendo esercizio fisico, anche modesto. Oltre alla fatica e alla debolezza muscolare. i principali sintomi sono la ptosi palpebrale (palpebre abbassate), la diplopia (visione sdoppiata), la caduta del capo a causa di deficit della muscolatura del collo, la disfagia e la disartria/disfonia (rispettivamente difficoltà a deglutire e a parlare, con la tipica voce nasale provocata dalla debolezza dei muscoli del palato molle) e infine la dispnea (difficoltà a respirare).
La malattia varia da forme benigne (anche solo diplopia o ptosi palpebrale, nella cosiddetta Miastenia oculare) fino a forme più gravi (dal nome della stessa patologia), nelle quali talvolta si giunge all’insufficienza respiratoria oppure alla completa paralisi della deglutizione e della fonazione, accompagnata da grave deficit muscolare. Nel 15% delle persone affette vengono interessati soltanto i muscoli oculari, ma purtroppo, nella maggior parte dei casi, viene colpito tutto l’organismo. Tuttavia la presenza di dolori muscolari, crampi, formicolii o altri sintomi di tipo sensitivo, escludono la diagnosi.
La gravità della Miastenia può essere molto variabile anche nell’ambito dello stesso individuo, poiché la febbre, una banale infezione, un vaccino, un intervento chirurgico o la disidratazione, possono peggiorare in modo drastico le forme benigne, fino alla necessità di procedere al ricovero per effettuare le specifiche manovre di rianimazione.
Nella patogenesi della malattia il timo è l’organo coinvolto nella produzione degli anticorpi. Tale ghiandola, situata nel torace posteriormente allo sterno, è attiva in epoca infantile ed è coinvolta nella produzione anticorpale, ma poi, nell’accrescimento, tende all’involuzione. Circa il 65% dei malati affetti da Miastenia gravis possiede un timo ingrossato e circa il 10% presenta un tumore (maligno nel 50% dei casi) dello stesso organo (timoma).

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La diagnosi si avvale della ricerca nel sangue degli autoanticorpi contro l’acetilcolina (Ab anti-AchR) e dell’elettromiografia, nella quale, grazie a una stimolazione ripetitiva, si evidenzia l’affaticabilità a cui il muscolo va incontro (test di Desmedt). Inoltre, per confermare l’eventuale presenza di timoma, occorre effettuare una tac del torace.
La terapia ricorre a farmaci che permettono all’acetilcolina di rimanere più a lungo a contatto con il proprio recettore, bloccando la sua degradazione (cioè farmaci acetilcolinesteraci, ad esempio piridostigmina e Mestinon). Altre terapie utilizzate frequentemente sono quella steroidea e, se non risulta sufficiente, vengono adoperati farmaci immunosoppressori, con un attento monitoraggio degli enzimi epatici e dell’emocromo. Qualora il paziente presenti un rapido peggioramento clinico (crisi miastenica) potrebbe rendersi necessario il ricovero ospedaliero (talora anche in un reparto di terapia intensiva), con il controllo dei parametri vitali. Se poi è presente anche la disfagia, la terapia viene somministrata per via endovenosa. Talora potrebbe rivelarsi indispensabile pure un supporto ventilatorio, mentre, nei casi più gravi, si ricorre a una terapia a base di immunoglobuline o a una plasmaferesi.
Inoltre, nei pazienti che mostrano alterazioni di volume a livello del timo (timoma), evidenziate come già detto mediante una tac del torace, si valuterà l’approccio chirurgico di asportazione della ghiandola (e talvolta diventa anche essenziale una successiva radioterapia).
La Miastenia gravis, pur essendo una patologia ancora (seppur raramente) a prognosi infausta, non impedisce alla maggior parte dei pazienti che ne sono affetti di condurre una vita pressoché normale, a patto di evitare il più possibile gli stress psicofisici e, soprattutto, di affidarsi a specialisti esperti della malattia e al loro adeguato e stretto monitoraggio clinico.

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