Le distrofie muscolari congenite
Patologie genetiche rare con sintomi fin dalla nascita
La categoria di miopatie definite come distrofie muscolari congenite (Congenital Muscular Dystrophies, CMD) rappresenta in generale un gruppo di patologie ereditarie genetiche, caratterizzate, nelle loro forme classiche e più gravi, da ridotto tono muscolare alla nascita (ipotonia precoce), debolezza muscolare di grado variabile (alla nascita o a esordio infantile) e ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie, cui spesso si associano contratture articolari diffuse, con una biopsia muscolare tipicamente molto alterata (distrofica). Non è stata ancora definita con chiarezza la frequenza di queste patologie, anche in considerazione della rarità di tali condizioni e dell’ampia sottodiagnosi in alcune aree geografiche, ma si stima una prevalenza globale di circa 0.5-2.5 casi su 100.000 persone.
Riguardo al versante genetico, le CMD possono essere trasmesse nelle famiglie con carattere dominante, ovvero con un 50% di probabilità per i figli di ereditare la malattia, come per le laminopatie (gene LMNA) e alcune collagenopatie legate alla catena alfa del collagene-6 (COL6A), oppure recessivo, ossia con un 25% di probabilità per due portatori sani della mutazione responsabile della malattia (genitori non malati) di avere un figlio con CMD e un 50% che esso sia a sua volta un portatore sano.
Finora, grazie ai recenti progressi della genetica, sono stati identificati 35 geni responsabili delle CMD, anche se esistono delle condizioni, ad esempio le distrofie muscolari dei cingoli (LGMD), che talora, per la loro presentazione, si sovrappongono almeno in parte alle CMD, portando a una distinzione dai confini anche sfumati. Questi geni recano le informazioni per alcune componenti dei nostri muscoli che ne costituiscono l’impalcatura, come la “matrice extracellulare” e la “membrana basale”. Una proposta di classificazione delle CMD deriva proprio dalla tipologia di proteina che risulta alterata, comportando il riconoscere alcuni gruppi della malattia come ad esempio: 1. CMD da alterazioni della “membrana basale o della matrice extracellulare”, come la distrofia congenita legata al gene della laminina alfa-2 o merosina (LAMA2) e la CMD legata alla catena alfa del collagene-6 (COL6A); 2. difetti della “glicosilazione dell’alfa distroglicano”, un’altra importante componente della struttura della membrana muscolare, che includono tutto l’ampio gruppo delle cosiddette “distroglicanopatie”; 3. difetti del “reticolo endoplasmatico”, una componenente essenziale per la contrazione del muscolo (come nel caso della CMD connessa a difetti della selenoproteina N-SEPN1); 4. difetti delle proteine della membrana del “nucleo”, la parte più interna della cellula del muscolo (come la lamina A e la forma di CMD collegata al gene LMNA).
Parlando di una delle forme più frequenti, come già accennato, il collagene-6 costituisce una componente della struttura del muscolo presente al di fuori della fibra stessa e possiede un ruolo fondamentale nel mantenimento della stabilità di tutta l’architettura muscolare. Il collagene-6 è composto da tre catene, cioè da componenti che insieme ne permettono il funzionamento corretto, prodotte da un terzetto di geni diversi: COL6A1, COL6A2, COL6A3, tutti e tre, se alterati, associati a distrofia muscolare.
Esistono due tipi di distrofia connessa al collagene-6, costituenti insieme circa il 30% dei pazienti con CMD, che diventa quindi una delle forme più frequenti di distrofia muscolare congenita. La miopatia di Bethlem, solitamente di tipo dominante, è una variante più lieve che si presenta anche in età giovanile-adulta con la classica debolezza muscolare dei cingoli, la scoliosi, la lassità dei legamenti delle dita e le contratture articolari, in particolare alla base delle dita delle mani ma possibili anche in polsi, gomiti e caviglie. Invece la miopatia di Ullrich, sia dominante che recessiva, rappresenta la forma più grave, in quanto si manifesta con il ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie (capacità di controllare il capo, stare seduto, in piedi e camminare), blocchi articolari diffusi e lassità delle articolazioni delle dita, insieme a una debolezza muscolare generalizzata prevalentemente a carico dei cingoli. In entrambe le forme, con una prevalenza però maggiore in quella di Ullrich, può essere presente un disturbo della respirazione, da cui la necessità di seguire i pazienti dal punto di vista pneumologico ed eventualmente iniziare la ventilazione meccanica insieme alla macchina della tosse. In questi pazienti va anche controllata l’eventuale scoliosi, per cui può essere indicato un intervento chirurgico correttivo a seconda della gravità di progressione della stessa.
Un’altra forma rilevante di distrofia muscolare congenita è quella legata al deficit di laminina alfa-2 o merosina (LAMA2), una proteina fondamentale per la stabilità della struttura delle cellule muscolari. Si tratta di una CMD recessiva caratterizzata da una grave debolezza muscolare alla nascita, un importante ritardo o mancanza nell’acquisizione delle tappe motorie nel bambino, riduzione del tono muscolare e tipiche alterazioni della cosiddetta “sostanza bianca” del cervello. Anche in questa forma è importante la gestione della debolezza muscolare (riabilitazione, ortesi e ausili), delle contratture e della parte respiratoria, insieme ai possibili disturbi della deglutizione connessi alle contratture della mandibola e alla debolezza dei muscoli del volto. Oltretutto, nel 30% dei casi, è possibile che si manifesti un’epilessia con convulsioni, evenienza che richiede terapie specifiche di tipo antiepilettico, o ancora una sofferenza dei nervi periferici (polineuropatia) che può contribuire a peggiorare la debolezza.
Per giungere alla diagnosi di queste patologie è dunque fondamentale la valutazione clinica e della storia personale e familiare da parte del neuropsichiatra infantile e del pediatra, oppure del neurologo, quando si tratta di forme più tardive, documentando la mancanza dei riflessi osteotendinei, la riduzione del tono e della forza dei muscoli, la presenza di contratture o di lassità dei legamenti, uniti a possibili altri segni che possano indirizzare il medico. La misurazione della CK, gli studi della conduzione nervosa e del muscolo (elettromiografia) sono sicuramente d’aiuto, così come l’analisi genetica sui campioni di sangue, test diagnostico finale che ha sostituito in gran parte la biopsia muscolare, riservata oggigiorno a casi specifici.
L’elettrocardiogramma e l’ecografia del cuore (ecocardiografia) sono poi importanti per verificare l’assenza di coinvolgimento di quest’organo, così come gli studi della respirazione (spirometria, emogasanalisi, monitoraggio cardiorespiratorio notturno e misurazione del picco della tosse) per l’eventuale necessità di un’assistenza mediante un’adeguata strumentazione. In alcuni casi la risonanza magnetica del cervello può essere utile per identificare un danno, comune in alcune forme di CMD, così come l’elettroencefalogramma, in particolare nell’eventualità di crisi epilettiche. Alcune varianti specifiche di distrofie congenite, come la Fukuyama e altre distroglicanopatie, possono interessare anche gli occhi con strabismi, cataratte e glaucomi in età infantile e giovanile.
Dopo la conferma della diagnosi genetica, che deve prendere in considerazione le altre malattie muscolari che possono assomigliare a una CMD come l’atrofia muscolare spinale (SMA) e altre forme di distrofia muscolare come le distrofinopatie, è fondamentale la presa in carico multidisciplinare, vista l’attuale assenza di terapie specifiche, ancora in corso di studio. I team saranno plurispecialistici, vale a dire composti da neuropsichiatri infantili/pediatri e/o neurologi, fisiatri e fisioterapisti, ortopedici, pneumologi e fisioterapisti respiratori, cardiologi, oculisti, dietologi e nutrizionisti, foniatri e logopedisti, endocrinologi, genetisti e psicologi, insieme ad altre figure professionali di supporto come gli infermieri e gli assistenti sociali, al fine di una cura globale delle esigenze del paziente.