Pubblicato da Ernesto Bodini il: 26 novembre 2020

La visita medica virtuale

Alcune considerazioni sul riconoscimento e l’abilitazione della cosiddetta “televisita” effettuabile nei casi in cui il dottore ritenga che essa possa essere effettuata in sicurezza.

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In questi ultimi tempi è corsa la notizia che si vorrebbe riconoscere e abilitare la cosiddetta “televisita”, ossia consentire alle aziende sanitarie pubbliche e agli erogatori privati accreditati di compiere le visite mediche tradizionali (de visu, a contatto fisico diretto con il paziente) anche mediante quelle in collegamento video, quando il dottore ritiene che esse possano essere effettuate in sicurezza. Inoltre le aziende sanitarie regionali possono avviare delle sperimentazioni su servizi di telemonitoraggio e teleriabilitazione, sostenendo che questo provvedimento pone le basi per migliorare il modello di visita tradizionale. La Regione subalpina ha precisato tra l’altro (3 luglio 2020) che “La televisita è uno strumento importante per i pazienti fragili, i cronici, gli immunodepressi, i disabili e tutti coloro che hanno difficoltà negli spostamenti […] Il progetto di sanità digitale prende corpo e muove i primi passi in quanto si intende avvicinare la sanità ai cittadini, con costi e rischi minori, e con la consapevolezza che occorre migliorare la gestione della cronicità mediante nuovi strumenti”.

Mi rendo conto che tale innovazione sta emergendo soprattutto in ambiti laddove è presente una maggiore disponibilità tecnologica ed economica, ma al tempo stesso, anche se non sono un clinico ma un divulgatore in materia medico-scientifica, vorrei fare alcune considerazioni che, seppur apparentemente scontate, non sono del tutto desuete. Anzitutto un paziente è sempre qualcosa di più della sua malattia e, per poterlo curare, un medico deve saperlo soprattutto ascoltare e un ascolto attento è di per sé terapeutico anche in ragione del fatto che tutte le storie umane sono interessanti, e da qui l’evoluzione della cosiddetta medicina narrativa. Un’anamnesi accurata è certamente qualcosa di più di una sequela di dettagli, ed essa rappresenta da sempre l’aspetto più importante dell’arte medica. Il tempo dedicato alla visita (specie se è la prima), specialistica o meno, costituisce le fondamenta per un rapporto umano tra medico e paziente, basato sul reciproco rispetto e sulla reciproca fiducia. Molti testi storico-divulgativi precisano che, quando il medico incontra il paziente, il primo contatto dovrebbe cominciare con una stretta di mano, spontanea e magari anche calorosa: un saluto di benvenuto, come pure un gesto di ospitalità. E’ un segno della disponibilità ad accettare qualcuno in quanto essere umano, e a questo riguardo c’è addirittura chi sostiene che bisognerebbe scrivere un trattato sul valore diagnostico di una stretta di mano.

01-La-visita-1Ma tornando all’atto più diretto, quello di toccare, ovvero la palpazione, esso sta diventando sempre più superficiale poiché la visita stessa si va facendo superficiale. “Questa presa di distanza – ricorda il professor Bernard Lown – è iniziata oltre due secoli fa, quando il medico francese René Laennec cominciò a utilizzare un tubo di cartone arrotolato, che poi fu perfezionato nello stetoscopio/fonendoscopio. Oggi però la medicina non è più l’applicazione delle mani, ma è diventata la capacità di leggere i segnali emersi dalle macchine. Quello che dobbiamo deplorare è la perdita dello stretto legame tra medico e paziente”.

È quindi evidente che il colloquio non si propone soltanto di identificare un sintomo, ma di capire quello che disturba la psiche del paziente. Tutti sanno che gli stati emotivi sono fattori di rischio per le malattie, in quanto influenzano le modalità di applicazione di un dato disturbo, e ne determinano il decorso e la rapidità di guarigione. Inoltre l’assenza, o la scarsa attenzione per l’aspetto psicologico, impoverisce la medicina nella sua essenza vitale, scindendo la cura dalla guarigione. “L’ascolto – precisa il clinico – è il primo passo per ottenere una diagnosi corretta ma, come si è visto, non è un esercizio puramente verbale. E’ necessario stare attenti alle parole non espresse, alla mimica del viso che può contraddire quello che si sta dicendo, alle contrazioni involontarie del volto, a una stretta di mano e, in generale, al linguaggio del corpo”. A questo riguardo non credo che tali atteggiamenti siano totalmente attendibili in una visita da remoto, men che meno per i pazienti con malattie acute o con il riacutizzarsi di quelle croniche. Del resto, come si evince anche dai sostenitori della medicina narrativa, ascoltare la storia del paziente è l’aspetto più importante dell’arte medica, e il tempo richiesto non è che un piccolo (ma al tempo stesso consistente) investimento per curare e guarire. Ma poiché è antieconomico passare molto tempo con i pazienti, in non pochi casi la diagnosi viene fatta per esclusione, con accertamenti clinici senza fine. Di questo passo il sistema sanitario non potrà migliorare finché il paziente non ritornerà ad essere centrale per i medici.
Il maestro Ippocrate (460-377 a.C.) disse: “Alcuni pazienti, anche se consapevoli che la loro situazione è critica, ritrovano la salute semplicemente perché sono soddisfatti del medico”. Ma non meno significativa è la fiducia che il dottore infonde trasmettendo ottimismo, aspetto decisamente determinante per una buona pratica della medicina e quindi dell’arte del curare. Ma l’ottimismo, proprio perché soggettivo, diventa un fattore oggettivo essenziale, teso a liberare l’energia necessaria per plasmare la propria salute. A mio avviso non credo che ciò si manifesti nella sua concretezza attraverso il contatto a distanza… sono il tono della voce e il contatto umano diretti che infondono fiducia e ottimismo, appunto.

03-La-visitaTuttavia, alla luce della realtà pandemica, possono far eccezione una serie di visite relative a pazienti affetti da patologie croniche, per i quali preesiste una diagnosi e per cui essi necessitano di un aggiornamento “valutativo” e terapeutico. Oltre a loro si aggiungono tutti i soggetti colpiti da Covid-19, per i quali si ritiene immediata una valutazione anche a distanza, partendo dal presupposto che la strumentazione disponibile ne renda l’adeguato conforto anamnestico e diagnostico-terapeutico.

In tutti i paesi industrializzati la medicina ha avuto i suoi momenti di gloria nei primi decenni del secolo scorso, soprattutto nelle piccole comunità, mentre nelle ampie aree urbane in cui risiede la maggior parte della popolazione, il medico si è spesso confrontato con un estraneo, perché raramente c’è stato il tempo per i convenevoli, per una stretta di mano o quattro chiacchiere. In effetti il medico, costretto dagli orari e soprattutto invitato a risparmiare, ha a disposizione soltanto pochi minuti per ogni mutuato, ma nessuna cifra può ripagare i tempi brevi (o mancati) di una visita o di una cura! Generalmente il colloquio si concentra sul sintomo principale, che solitamente non mette in evidenza il motivo reale della visita. Il poco tempo disponibile, inoltre, può essere interrotto dallo squillo del telefono o da altre intrusioni e/o incombenze… Ecco che allora la visita, come l’anamnesi, si risolve in modo più o meno superficiale, e si concentra sugli organi interessati dal sintomo. Questi incontri, secondo l’esperienza del dottor Lown, ma anche secondo la nostra realtà made in Italy, sono brevi e spesso frustranti, e non fanno emergere i problemi più profondi che magari hanno determinato, direttamente o indirettamente, il sintomo e quindi la possibile conseguente malattia. “Quando l’anamnesi è rapida – precisa Lown – il medico si perde in un mare di possibilità, che giustificano il ricorso alla tecnologia. Invece, un’anamnesi attenta, una visita accurata e poche analisi di routine, forniscono l’85% dell’informazione di base necessaria per una diagnosi giusta”.

04-La-visitaMa se proviamo a immaginare che questa procedura avvenga in remoto non credo che, specialmente alla prima visita, si possa comprendere in modo determinante tutti quei particolari che possono portare a una diagnosi completa e corretta. Tuttavia ben vengano le risorse della telemedicina, ossia la medicina a distanza attraverso l’uso di mezzi di telecomunicazione, un sistema di rete che permette al medico, a distanze anche intercontinentali, di realizzare interventi non tanto diagnostici quanto terapeutici o di riabilitazione. “La grande risorsa della telemedicina – sottolinea il dottor Giovanni Russo – è la sua capacità di trasportare elettronicamente le più sofisticate metodologie clinico-terapeutiche nella aree più remote, sicché il paziente può usufruire del parere congiunto di diversi tecnici del settore e non essere costretto a viaggi che possono essere faticosi per il suo stato di salute o per le sue possibilità finanziarie”. Altra cosa, invece, è la visita medica “non virtuale”, attraverso la quale le parole scambiate, le domande poste, i gesti compiuti sul corpo del malato, insomma ogni cosa che attesti l’attenzione del dottore verso il suo paziente, si traduce in un effetto positivo sul decorso ulteriore della malattia. E’ stato lo psicanalista ungherese Michael Balint a sviluppare per primo la teoria secondo cui l’efficacia della terapia è data, seppur in parte, dalla relazione fra medico e malato, definendo questo rapporto attivo con il termine di “rimedio-dottore”. Ma oggi, mi chiedo, quanti pazienti affidandosi al proprio medico di famiglia (o a uno specialista) per esporre uno o più sintomi, oltre a essere accolti con una stretta di mano, vengono poi visitati con il classico iter dell’ispezione, della percussione, della palpazione e dell’auscultazione? Forse non è mai stata fatta una statistica, ma a voce di popolo i pazienti che fruiscono di tutte le attenzioni del caso sarebbero ben pochi. Quale osservatore e divulgatore di materie medico-sanitarie, con un vissuto quasi trentennale anche “sul campo”, ho potuto constatare che è ancora forte l’esigenza di avere un rapporto diretto con il proprio medico, sia per farsi visitare che per mantenere quel rapporto di “tenera complicità”, a volte preludio a un’attenuazione di sintomi o a una possibile guarigione. E questo, in presenza di una patologia cronica e/o invalidante, vale sia nel caso di una prima visita che per i successivi controlli.

05-La-visitaIn Gran Bretagna, dove il sistema sanitario ha dei costi molto elevati, i pazienti che rinunciano al medico del servizio sanitario pubblico possono ottenere consulti gratuiti tramite una piattaforma informatica (ossia un’app denominata “Babylon Health”), una sorta di videochiamata intelligente, col medico che, in una qualsiasi altra parte del mondo, dialoga col paziente avvalendosi di un assistente digitale che gli suggerisce le domande da porre per stilare una diagnosi e una statistica riguardanti la possibile patologia del malato. Insomma, una sorta di operatore di call center.

Se questa moderna realtà inglese ha già preso piede, prima di “imitarla” in versione italiana sarebbero da presuppone una serie di considerazioni politico-istituzionali e tecnico-finanziarie. Personalmente, quale potenziale paziente residente in Piemonte, non mi sottoporrò mai a una televisita (né in prima istanza, né per le successive), e non sarà certo una politica di innovazione tendente al risparmio, in osservanza della spending review e al dover rispettare il raggiungimento degli obiettivi (o ancor peggio, se mirata a “orientare” l’utente verso il privato…), a farmi desistere per ottenere quella prestazione diretta sancita dal sommo Ippocrate… e da quella ratio che si chiama umanità. Vorrei concludere che, a mio avviso, i medici che fanno politica attiva e con un ruolo ben definito, solitamente non dedicano le dovute attenzioni alla loro clinica (anche perché taluni ne sono esenti) e men che meno al rapporto umano disinteressato, tant’è che troppe volte si sente dire: “E’ un bravo medico, peccato dedichi troppo tempo alla politica. Per essere dei bravi dottori, non si può tenere il piede in due scarpe!”. Solitamente un buon medico è giudicato per le sue doti di Ability, Availability e Affability (Capacità, Disponibilità e Affabilità), prerogative di cui il politico, è bene che si sappia, spesso non è dotato.