Pubblicato da  il: 9 ottobre 2023

La malattia di CMT

La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT): dalle basi genetiche alla presa in carico multidisciplinare. La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è rappresentata da una gamma di disturbi genetici con ampia variabilità di segni e sintomi e della loro gravità, alla base dei

La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT): dalle basi genetiche alla presa in carico multidisciplinare.

La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è rappresentata da una gamma di disturbi genetici con ampia variabilità di segni e sintomi e della loro gravità, alla base dei quali si riconosce un’alterazione della mielina, una guaina che avvolge il nervo periferico, delle giunzioni tra le cellule nervose che compongono il nervo, o ancora del funzionamento/metabolismo del nervo stesso.
Tra le varianti genetiche più comuni nella popolazione europea si riconoscono “duplicazioni” o “delezioni” di interi geni, ovvero un eccesso o una mancanza di una specifica porzione di un gene. Un esempio è la CMT1A, il sottotipo più comune (circa il 40% dei casi di CMT), causata da una duplicazione del gene chiamato PMP22.
Storicamente, le principali CMT sono state suddivise in differenti categorie a seconda delle caratteristiche elettroneurografiche (un esame di cui si parlerà in seguito) e/o dell’ereditarietà, ossia di come vengano trasmesse da una generazione all’altra. Esistono, ad esempio:
CMT di tipo 1, caratterizzate da un danno della mielina (per questo definite “demielinizzanti”) e un’ereditarietà di tipo “dominante” (ovvero con un 50% di possibilità per un genitore affetto di trasmettere il difetto genetico alla prole);
CMT di tipo 2, con un danno della struttura del nervo protetta dalla mielina, chiamata assone, e una trasmissione sempre di tipo dominante;
CMT di tipo 4, severe polineuropatie sensitive e motorie demielinizzanti “recessive” (la probabilità di trasmissione, in questa sottocategoria, varia a seconda della combinazione delle caratteristiche genetiche della coppia: ad esempio, una coppia di “portatori sani” avrà il 25% di avere un figlio malato e il 50% di avere figli portatori; un paziente malato, se incontra un partner “portatore sano”, avrà il 50% di probabilità di avere un figlio affetto e un altro 50% che sia portatore)
• forme legate al cromosoma X (CMTX), sia dominanti che recessive
Parlando di numeri, si stima che la CMT colpisca nella popolazione generale da 10 a più di 80 persone su 100.000 abitanti, con numeri variabili a seconda della latitudine e degli studi condotti.
Per sospettare una CMT risultano fondamentali la storia clinica, sia del paziente che dei familiari, e l’esame fisico, in particolare quello neurologico. Alcuni segni caratteristici, come le anomalie dei piedi (piede cavo, dita dei piedi a martello) e/o delle mani, così come problemi di sensibilità, generalmente a partenza dalle estremità degli arti, la scoliosi o altri caratteristici di alcune forme più rare di CMT (ad esempio la voce roca e il sollevamento del diaframma), possono permettere al medico di avanzare un’ipotesi di CMT. Un esame chiamato elettroneurografia, la parte di stimolazione nervosa dell’elettromiografia, consente di calcolare le velocità di conduzione dell’impulso elettrico attraverso il nervo e l’ampiezza della risposta generata a livello del muscolo. Mediante questa tecnica possono essere quindi descritte le caratteristiche della neuropatia, classificandola, più o meno distintamente, in forme “demielinizzanti” o “assonali”, come da definizione fornita prima, e ancora riconoscere neuropatie genetiche (come le CMT) e distinguerle da altre, ad esempio, dovute a deficit vitaminici o al diabete. Generalmente l’esame viene completato con lo studio ad ago, importante per valorizzare il dato in particolare nelle neuropatie assonali. Questa procedura, generalmente ben tollerata dal paziente, consiste nell’inserimento di un ago-elettrodo direttamente nel muscolo per valutare la sua attività sia a riposo sia in corso di contrazione muscolare esercitata dal paziente su richiesta dell’operatore.
Una volta combinati i dati clinici ed elettromiografici, nel sospetto di neuropatia genetica si procede con la consulenza (per il paziente e i suoi familiari) e gli esami genetici su sangue per determinarne il tipo specifico e la modalità di ereditarietà.
In passato, i test genetici per la CMT, essendo costosi e meno disponibili, erano mirati a pochi geni principali. Oggigiorno, si procede con indagini genetiche a partire dalle forme più frequenti, come la CMT1A, per poi proseguire, in caso di negatività, con i cosiddetti “pannelli genetici” con “sequenziamento di nuova generazione” (NGS) per coprire contemporaneamente molti geni responsabili di neuropatie genetiche in tempi e costi ragionevoli. Una volta ottenuto l’esito, è essenziale l’interpretazione dello stesso da parte del genetista per valutare se sia sufficiente per formulare una diagnosi definitiva o se proseguire con ulteriori approfondimenti.
Dal punto di vista della gestione e della presa in carico, attualmente la terapia per la CMT è di supporto e multidisciplinare e coinvolge, come figure principali, diversi specialisti come, ma non solo, neurologi, genetisti, fisiatri, ortopedici, pneumologi, fisioterapisti, logopedisti e infermieri.
Le visite neurologiche regolari consentono di identificare lo stato della patologia in termini di condizioni generali del paziente, della forza muscolare, del passo, dell’equilibrio, così come le deformità articolari, la stima del rischio di caduta, i disturbi di sensibilità, di deglutizione, di motilità gastro-intestinale e di eventuali fragilità a livello psicologico. La riabilitazione motoria, a scopo continuativo con esercizi di stretching quotidiani e di rinforzo controllato periodico, svolge un ruolo cruciale nella patologia, così come indicato dagli specialisti fisiatri insieme alle ortesi/ai tutori e all’eventuale chirurgia ortopedica per la scoliosi o le anomalie ossee dei piedi. Sempre per quanto riguarda il benessere dell’osso, risulta importante la prevenzione delle fratture con uno studio regolare della densità minerale ossea mediante densitometria e la prescrizione di ausili per evitare le cadute quando necessari. Altro aspetto fondamentale è la valutazione sistematica della funzione respiratoria, per identificare precocemente un’eventuale debolezza del meccanismo della tosse e indicare una fisioterapia respiratoria e l’utilizzo della macchina della tosse, o ancora di potenziali apnee notturne da trattare con ventilatori meccanici. Un’altra strategia preventiva è quella di identificare precocemente eventuali deficit vitaminici e nutrizionali per procedere con la supplementazione dei micronutrienti e la segnalazione al proprio medico curante e agli specialisti della condizione genetica per evitare di assumere farmaci potenzialmente dannosi per il nervo. Esistono, a questo proposito, degli elenchi di molecole controindicate o preferibilmente da evitare in caso di CMT, rapidamente consultabili online, e le strategie di anestesia sicura in caso di necessità di sottoporsi ad interventi chirurgici.
Nel contesto della multi-disciplinarietà, è da tenere sempre a mente l’importante ruolo del genetista anche una volta espresso un desiderio riproduttivo da un paziente con diagnosi di CMT, finalizzata alla stima del rischio di ricorrenza della malattia genetica nei figli e ad illustrare le opzioni a disposizione (pre-concezionali e pre-natali, ovvero prima o in corso di gravidanza). La gestione delle pazienti in gravidanza con CMT, che coinvolge ancora una volta molti specialisti, può richiedere, a seconda della gravità del quadro, dei controlli seriati presso un ambulatorio di “gravidanze a rischio” per la prevenzione di possibili complicanze durante il corso della gestazione e per la programmazione della modalità del parto. Per quanto riguarda le terapie sperimentali, sono in corso di studio diversi farmaci per ripristinare il normale metabolismo del nervo (“neurotrofici”) e per la gestione dei sintomi della CMT, così come terapie geniche che consentirebbero da una parte il trasporto di geni funzionanti mediante virus innocui (terapia genica con “vettori virali”) o dall’altra di “silenziare” geni che, una volta alterati, comportano la produzione di sostanze tossiche per il nervo (terapia di “silenziamento genico”).