Pubblicato da Liliana Vercelli il: 20 novembre 2017

La Distrofia miotonica di Steinert

La distrofia miotonica di tipo 1 (Distrofia di Steinert) è una malattia genetica caratterizzata dall’ereditarietà autosomica dominante

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La distrofia miotonica di tipo 1 (Distrofia di Steinert) è una malattia genetica caratterizzata dall’ereditarietà autosomica dominante, cioè il genitore ha il 50% di probabilità di trasmetterla ad ogni figlio, indipendentemente dal sesso del feto. Tra le varie distrofie è la più frequente dopo la forma di Duchenne-Becker. La malattia è causata dall’amplificazione anomala di un segmento di dna, denominato tripletta, oltre le normali trenta copie e fino a un massimo di mille. Tale alterazione è presente sul cromosoma 19 e codifica per una proteina denominata miotonina kinasi (DMPK). Esiste una correlazione tra l’espansione di tali triplette e la gravità della patologia: più l’espansione è elevata e più la malattia si manifesterà precocemente e in modo serio.
La peculiarità di questa forma di distrofia muscolare è la presenza del fenomeno miotonico: quando il paziente contrae la muscolatura (per esempio serra a pugno la mano), si evidenzia una successiva difficoltà nel rilasciare i muscoli, che impiegano alcuni secondi a decontrarsi. Tale fenomeno è caratteristico delle mani, dei muscoli orbicolari degli occhi, dei muscoli masticatori e della deglutizione. Inoltre, come succede nelle altre distrofie, essa può presentare una debolezza muscolare ai quattro arti (sia a livello prossimale che distale), difficoltà a deglutire (disfagia), ptosi palpebrale, voce nasale (disfonia) e deficit del trofismo muscolare (ipotrofia). Meno frequenti sono invece i dolori muscolari (mialgie). Inoltre anche la muscolatura respiratoria, compreso il diaframma, può essere coinvolta con difficoltà respiratorie (dispnea), scarsa ossigenazione (ipossiemia) ed elevati valori di anidride carbonica (ipercapnia). Alcuni pazienti patiscono un’insufficienza acuta, tale da richiedere una ventilazione assistita. Spesso, a causa dello sviluppo di apnee nel sonno, è comunque necessaria la ventilazione non invasiva notturna.
La cataratta può essere il primo e l’unico segno della malattia e solitamente, nei soggetti affetti, si manifesta precocemente. Anche i nervi periferici possono essere coinvolti mediante la tipica sintomatologia di una neuropatia di forma assonale: formicolii (parestesie), bruciori urenti (disestesie) e mancanza di sensibilità (ipoestesia tattile o dolorifica), specie nei territori distali dei quattro arti.
La distrofia miotonica è multisistemica, poiché il complesso neuromuscolare non è l’unico a essere coinvolto, ma sono numerosi gli organi e gli apparati interessati dalla patologia. Il paziente può presentare un’affezione cardiaca denunciata da aritmie e dilatazione del cuore, e quest’aspetto è molto rilevante nel follow-up del soggetto, al fine di evitare morti improvvise per arresto cardiaco, causa di decesso ancora spesso diffusa. Anche il sistema endocrino è un frequente bersaglio della malattia a causa dello sviluppo di diabete mellito, ipotiroidismo, alterazioni del ciclo mestruale e ridotta fertilità in entrambi i sessi. La calvizie è consueta e più evidente nei maschi. Pure il sistema nervoso centrale può essere implicato: infatti alla risonanza dell’encefalo si evidenziano alterazioni che molte volte, specie se la diagnosi non è ancora avvenuta, possono essere equivocate con malattie demielinizzanti come la sclerosi multipla. Inoltre il paziente può mostrare un ritardo mentale o sviluppare in età precoce un deterioramento cognitivo simile alle forme di demenza più note. In aggiunta possono evidenziarsi problemi di natura psichiatrica: disturbi di personalità, ossessioni, deliri, sindrome ansioso-depressiva e sono possibili crisi epilettiche. Ma non basta, perché il paziente può manifestare una sintomatologia gastroenterica causata dall’interessamento della muscolatura liscia della parete intestinale: difficoltà digestive (dispepsia), ridotto svuotamento gastrico, stipsi e, seppur raramente, incontinenza fecale, mentre il sistema genitourinario è colpito da incontinenza o, negli uomini, da impotenza.
Nel caso di sospetto clinico della malattia il dosaggio dell’enzima creatin kinasi (CK), che è spesso aumentata (valori tra 300-800 U/L), e l’elettromiografia (che evidenzia una sofferenza muscolare oltre a obiettivare la miotonia) rafforzano l’ipotesi diagnostica. Infine l’analisi genetica ne permette la conferma grazie alla caratteristica espansione a livello del cromosoma 19: verosimilmente la proteina alterata, quando è prodotta in eccesso, causa un effetto tossico.
Gli approcci terapeutici sono di tipo principalmente conservativo, grazie alla fisioterapia mirata al mantenimento delle funzioni motorie e dell’autonomia del paziente. Talora, se quest’ultimo tende a inciampare, sono necessari tutori come la molla di Codevilla per migliorare la deambulazione. Anche la fisiokinesiterapia in acqua (idrokinesi) può essere indicata.
In considerazione dell’intervento multidisciplinare sono numerosi gli specialisti coinvolti nei trattamenti conservativi. Il foniatra e il logopedista si occupano della disfagia e della disfonia grazie a esercizi logopedici mirati e a una dieta variabile in base alla gravità delle difficoltà di deglutizione. Infatti si può rendere necessaria una dieta puramente cremosa e, se il soggetto non è più in grado di alimentarsi per bocca, si deve utilizzare la gastrostomia percutanea (PEG), ma fortunatamente questi casi sono rari. Lo pneumologo invece compie accertamenti periodici (spirometria, prelievo EGA), mentre risulta utile la saturimetria notturna, che evidenzia la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), da contrastare con la ventilazione non invasiva tramite una maschera facciale o nasale usata durante le ore notturne. Nella distrofia miotonica di Steinert risultano rari i casi di insufficienza respiratoria acuta che richiedono una tracheotomia d’urgenza. La ventilazione invasiva con la tracheostomia rimane poi un’evenienza sporadica, mentre, a causa della disfagia, sono frequenti le polmoniti da inalazione di cibo nelle vie aeree (ab ingestis). L’oculista interviene chirurgicamente in caso di cataratta.
La terapia cardiologica consiste in farmaci per il controllo delle aritmie cardiache e per il trattamento della cardiopatia dilatativa. Quando il paziente soffre di aritmie gravi e sintomatiche (malessere, pallore e perdita di coscienza), potenzialmente fatali, può essere necessario l’impianto del pacemaker o di un defibrillatore ventricolare (ICD). La sorveglianza cardiologica riveste quindi un’importanza fondamentale. Al contrario le terapie ormonali sono basilari in caso di irregolarità del ciclo mestruale, ridotto accrescimento, disfunzione tiroidea (spesso ipotiroidismo) e infertilità. Inoltre l’endocrinologo entra in gioco se il paziente sviluppa il diabete mellito. Nel caso di problematiche psichiatriche potrebbe risultare opportuna una terapia specifica formata da antidepressivi, ansiolitici o antipsicotici.
Naturalmente, per chi desidera avere dei figli, è indispensabile la consulenza genetica, durante il cui colloquio vengono spiegate le probabilità di avere prole affetta e gli eventuali rischi per essa. Infatti nella distrofia miotonica di Steinert si osserva il fenomeno dell’anticipazione, e cioè nelle generazioni successive la patologia esordisce prima e in una forma più grave. E’ possibile eseguire una diagnosi prenatale sul feto nelle prime settimane di gravidanza per scoprire in anticipo l’eventuale difetto genetico, mentre sono in fase iniziale le diagnosi preimpianto, effettuate in pochi centri. E’ fondamentale che i genitori siano messi al corrente del fenomeno dell’anticipazione, che può dar luogo allo sviluppo di forme congenite di distrofia miotonica e in cui i primi sintomi sono già evidenti alla nascita: ipotonia muscolare, insufficienza respiratoria, difficoltà alla suzione e all’alimentazione. Durante l’accrescimento sono possibili ritardi nelle tappe neuromotorie, grave deficit della forza muscolare, disfagia, disturbi dell’apprendimento, ritardo mentale più o meno grave e problematiche psichiatriche.
Non esiste tuttora una cura per la distrofia miotonica di tipo 1, ma sono in fase di sperimentazione dei farmaci, denominati oligonucleotidi antisenso, che riducono l’effetto tossico della proteina miotonina prodotta in eccesso dall’espansione genetica. L’apposito trial clinico, eseguito negli Stati Uniti (ISIS-IONIS DMPK), è stato completato nel dicembre dello scorso anno: in otto centri americani il farmaco è stato somministrato tramite iniezioni sottocute a pazienti affetti dalla forma adulta. I risultati ottenuti in questa fase del trial sono stati incoraggianti, ma implicano ancora una giusta cautela nella prosecuzione delle fasi successive, in cui la sperimentazione verrà estesa a un maggior numero di individui. Invece la mexiletina, farmaco antiaritmico, è utilizzato per il trattamento della miotonia clinica, mentre non agisce sulla forza e sull’ipotrofia muscolare. Nonostante ciò i pazienti che hanno assunto la mexiletina mostrano un notevole effetto positivo e il beneficio clinico è stato anche dimostrato da un lavoro, pubblicato nel 2010, in cui vengono esaminati i risultati di due trial clinici effettuati in doppio cieco.
Attualmente l’approccio clinico multidisciplinare permette ai soggetti affetti da questa distrofia miotonica di vivere una vita soddisfacente, mantenendo la propria autonomia sia in ambito lavorativo che privato, sostenuti dai loro familiari e dai medici che seguono regolarmente il decorso clinico della malattia, la quale, pur essendo progressiva, evolve spesso lentamente o addirittura si stabilizza nel tempo.