Pubblicato da Alessandro Rosa il: 5 dicembre 2019

La disabilità nella storia (seconda parte)

Negli scorsi numeri di questa rivista avevamo presentato dei brevi estratti appartenenti alla tesina della Maturità 2018 di Alessandro Rosa “L’Atrofia muscolare spinale e la disabilità”. Questa volta continuiamo il filo del discorso riportando per intero la seconda parte dell’interessante capitolo nel quale l’autore prosegue la sua sintetica ma esauriente cavalcata storica attraverso il tema della disabilità.

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5. Rinascimento e Illuminismo

A partire dal Rinascimento e poi con l’Illuminismo, si inizia ad affermare la medicina, fioriscono gli studi sul corpo umano e così aumentano le conoscenze sulle malattie, di conseguenza la disabilità viene medicalizzata e curata negli ospedali. A metà del XVIII secolo comincia poi la ristrutturazione dei processi produttivi che porta alla nascita in Europa delle prime industrie. L’introduzione delle macchine nella filiera produttiva, che avverrà in maniera massiccia solo nell’Ottocento, causa purtroppo i primi disabili fisici, la cui invalidità è determinata proprio dall’utilizzo di questi nuovi mezzi industriali. Contemporaneamente il mondo della medicina compie importanti progressi, prodigandosi a curare, “raddrizzare” e rieducare. Così mediante la chimica, nonché grazie al supporto dei nuovi strumenti d’indagine, l’evoluzione della scienza apre nuove e interessanti prospettive.

6. Darwinismo sociale ed eugenetica

disabilita-nella-soria-articolo2-12-19Charles Darwin (1809-82) era un naturalista inglese di ricca famiglia e, in base alla rielaborazione delle osservazioni di specie animali effettuate durante la spedizione intorno al mondo di cinque anni a bordo del brigantino Beagle (1831-36), aveva elaborato la teoria evoluzionista delle specie in base alla selezione naturale, oggetto poi del suo famoso libro “L’origine delle specie”, pubblicato nel 1859. Secondo tale teoria tutti gli esseri viventi sono in continua competizione fra di loro per il possesso delle risorse naturali. Semplicemente, in questa lotta gli individui dotati di caratteristiche favorevoli sono avvantaggiati rispetto a quelli che ne sono privi. I caratteri idonei alla sopravvivenza si trasmettono da una generazione all’altra e alla fine determinano la trasformazione totale della specie, creandone quindi una nuova in grado di adattarsi meglio all’ambiente. In questa battaglia per la sopravvivenza la natura opera una particolare selezione (quella “naturale”, appunto) in cui i più deboli saranno destinati a scomparire per via dell’inadeguatezza delle loro caratteristiche, che li rendono incapaci di uniformarsi alle condizioni ambientali. Al contrario i più forti, cioè coloro che riescono ad abituarsi più facilmente e velocemente all’ambiente, sopravvivranno e trasmetteranno il loro patrimonio genetico alla prole, in modo da perpetuare la specie in possesso dei tratti più vantaggiosi. Contemporaneamente a ciò si diffonde in tutta Europa il darwinismo sociale, una teoria paradossale che interpreta in chiave reazionaria le idee rivoluzionarie di Darwin: si tratta dell’applicazione del concetto di selezione naturale alla sfera sociale. disabilita-nella-soria-articolo4-12-19Il termine eugenetica viene coniato, proprio dopo la morte di Darwin, da suo cugino Francis Galton, che l’aveva definita come la scienza per il perfezionamento della specie umana in virtù di una migliore riproduzione. Egli sosteneva che la trasmissibilità dei caratteri avviene prevalentemente per via ereditaria, senza alcuna influenza dell’ambiente e della società. Pertanto l’aberrante scopo dell’eugenetica diventa quello di liberare l’umanità dalle malattie e dalle imperfezioni, incoraggiando la riproduzione degli individui migliori e scoraggiando quella dei singoli colpiti da qualche forma di disabilità fisica o mentale. Nel 1920, in una Germania piegata da una grave crisi postbellica, iniziano a venire pubblicati libri e articoli in cui le persone disabili fisicamente o mentalmente, e i malati incurabili, vengono marchiati con l’epiteto “Vite indegne di essere vissute”. In aggiunta, per la società tedesca, questi individui sono anche considerati un “peso economico insostenibile”, dato che la loro assistenza costa molti milioni di marchi e inoltre essi occupano migliaia di posti letto negli ospedali civili e psichiatrici.
disabilita-nella-soria-articolo3-12-19Queste teorie utilitaristiche, fondate sulla “non produttività” economica delle persone disabili e incurabili, non sono recepite dal governo della Repubblica di Weimar, che anzi, emana una serie di leggi a favore degli elementi socialmente più deboli, come gli invalidi di guerra e i disoccupati, in quegli anni categorie foltissime. Per finanziare questa vasta campagna di assistenza sociale, il governo aumenta allora le imposte, creando un certo malcontento nei ceti sociali più abbienti. (continua)