Le distrofie muscolari dei cingoli: un gruppo di patologie eterogenee
Giulio Gadaleta continua i suoi interessanti approfondimenti parlandoci delle “Limb-Girdle Muscular Dystrophy” un insieme di patologie genetiche neuromuscolari
Le distrofie muscolari dei cingoli, in inglese le “Limb-Girdle Muscular Dystrophy” (LGMD), rappresentano un insieme di patologie genetiche neuromuscolari che coinvolgono principalmente i muscoli prossimali degli arti superiori e inferiori.
Secondo la nuova classificazione del 2018 (“229th ENMC International workshop: Limb-girdle muscular dystrophies”), si distinguono con la lettera “D” le forme dominanti (ossia con la possibilità nel 50% dei casi di presentarsi nella prole) e con la lettera “R” le forme recessive (per la cui manifestazione clinica nella prole è generalmente necessario invece che entrambi i genitori siano portatori, tendenzialmente sani, della mutazione). A queste lettere segue poi un numero e il nome della proteina mutata (ad esempio: LGMD R1, calpaina-3-correlata).
Le forme più frequenti sono quelle recessive e tra queste si annoverano, per esempio, quelle legate alla mutazione della calpaina-3, della disferlina, dei differenti sarcoglicani, della FKRP (Fukutin-related protein), dell’anoctamina-5 e delle catene del collagene-6 (forma quest’ultima, a differenza delle precedenti, più frequentemente di tipo dominante).
La caratteristica globalmente comune in tutte le LGMD è, come già anticipato, il coinvolgimento preminente della muscolatura dei cingoli (cioè prossimale degli arti superiori e/o inferiori), con relativo risparmio, nella maggior parte dei casi, dei muscoli del volto, di quelli oculari e, spesso ma non sempre, di quelli distali degli arti.
Per quanto riguarda la forma più frequente alle nostre latitudini, la LGMD R1 calpaina 3-correlata (o calpainopatia) rappresenta generalmente una variante recessiva della distrofia dei cingoli, seppure più di recente sia stata descritta anche una forma dominante. L’esordio avviene tendenzialmente nella tarda infanzia o in età adolescenziale, con la possibilità di mostrare inizialmente disturbi più lievi (ad esempio scapole alate, affaticabilità globale, crampi e dolori muscolari, insieme alla rilevazione di un rialzo della CK), fino a quadri progressivamente più severi, che riguardano preferenzialmente il cingolo pelvico (ovvero degli arti inferiori), con perdita progressiva della capacità di camminare. Altri segni clinici sono l’atteggiamento in iperlordosi lombare (cioè una curvatura accentuata della porzione inferiore della schiena) e l’andatura anserina, ovvero caratterizzata dall’accentuazione dei movimenti di escursione delle anche durante il passo. Spesso questa forma di distrofia dei cingoli non comporta un coinvolgimento rilevante del cuore, mentre la funzione respiratoria, seppure meno danneggiata rispetto ad altre patologie neuromuscolari, deve comunque essere studiata e monitorata nel tempo.
Una seconda forma relativamente comune è rappresentata dalla LGMD R2 disferlina-correlata (o disferlinopatia). L’esordio si attesta intorno all’adolescenza-età giovanile adulta, tramite debolezza prevalente agli arti inferiori (spesso a comparsa, ad eccezione di altre LGMD, anche distale) e aumento della CK notevole (con valori anormali dai 1.000 fino anche ai 30-40.000 IU/L). La progressione è di diverso tipo, in quanto comprende varianti più lente che costringono all’utilizzo di una sedia a rotelle dopo circa dieci-venti anni dai primi disturbi, fino ad alcune più severe e rapide. Così come avviene nelle calpainopatie, anche nella distrofia dei cingoli legata alle mutazioni della disferlina non è comune il danno a carico del cuore e della muscolatura respiratoria, se non tardivamente nella storia della malattia.
Una patologia introdotta nella nuova classificazione delle LGMD è quella legata alle mutazioni delle catene del collagene-6 di tipo dominante (definita anche “miopatia/distrofia di Bethlem”) e, più raramente, di tipo recessivo (o “miopatia/distrofia di Ulrich”). La forma recessiva è tendenzialmente più benigna, ha un esordio classicamente precoce, cioè durante l’età infantile, concretizzato in una debolezza della muscolatura dei cingoli, scoliosi, scapola alata, contratture articolari, aumento della lassità dei legamenti di alcune articolazioni (ad esempio le interfalangee distali) e altri disturbi minori, come i cheloidi, ossia una forma di eccessiva cicatrizzazione dopo un trauma cutaneo.
Nel processo diagnostico delle LGMD risultano indispensabili: ? La raccolta di una storia clinica accurata del paziente e dei suoi familiari (in particolare i dettagli relativi ai primi disturbi, alla loro modalità ed età di comparsa, alla possibile ricorrenza degli stessi all’interno della linea familiare del soggetto).
? Esami del sangue di routine che includano anche la CK (come già visto, generalmente elevata).
? La valutazione neuromuscolare presso un centro esperto quando si verifica il sospetto di distrofia muscolare. Successivamente, sarà il centro esperto in malattie neuromuscolari a consigliare l’iter diagnostico, che spesso includerà uno studio di risonanza magnetica, talvolta un’elettromiografia e comunque, nella maggior parte dei casi, un’analisi del sangue di geni legati alle distrofie muscolari dei cingoli o alle miopatie in generale. A tutt’oggi la biopsia muscolare riveste ancora un ruolo di rilievo nel caso di analisi genetiche non conclusive o nel dubbio coinvolgente altre patologie (ad esempio le miopatie di sospetta origine infiammatoria).
La presa in carico delle LGMD è di tipo multidisciplinare e comprende accertamenti periodici, coordinati nella maggior parte dei casi dal medico esperto in malattie neuromuscolari.
Essa prevede:
? L’impostazione, in collaborazione con gli specialisti fisiatri e fisioterapisti, di protocolli riabilitativi individualizzati, atti alla prevenzione delle complicanze (ad esempio la riduzione delle masse muscolari a causa di un loro minor utilizzo e le contratture articolari), al mantenimento, per quanto possibile, della forza del muscolo e, spesso, a scopo antalgico. Accanto alla riabilitazione, è di assoluto rilievo la prescrizione degli ausili e delle ortesi, nell’intento di sfruttare nuove strategie di adattamento alle attività della vita quotidiana parallelamente all’evolversi della patologia.
? Il monitoraggio della funzione cardiologica accompagnata dallo studio clinico-strumentale regolare di tipo elettrocardiografico (ECG), ecocardiografico o più approfondito (ad esempio visita cardiologica, ECG secondo holter delle 24 ore e risonanza magnetica cardiaca).
? La valutazione della funzione ventilatoria e della forza della muscolatura toracica, spesso in collaborazione con lo specialista pneumologo, mediante la spirometria, lo studio cardio-respiratorio durante il sonno, l’emogasanalisi arteriosa (cioè il prelievo di sangue da un’arteria del polso) e la misurazione del picco della tosse.
? Lo screening di eventuali disturbi della deglutizione (disfagia) che, quando vengono sospettati, richiedono spesso la valutazione da parte dello specialista foniatra e di esami radiologici specifici, così come il periodico bilancio nutrizionale, stilato anche in collaborazione con gli specialisti dietologi e nutrizionisti.
? La valutazione della salute dell’osso, in termini di densità (ossia della sua robustezza), mediante la densitometria ossea, e della scoliosi, tramite una radiografia della colonna vertebrale.
? L’impostazione di strategie di supporto psicologico-assistenziale, modellabili caso per caso.
? Quando viene espresso dal paziente un desiderio riproduttivo, la valutazione, effettuata in collaborazione con il genetista, per la determinazione del rischio di trasmissione della patologia nella prole.
? La prevenzione di alcune infezioni, anche in questo caso a seconda della severità del quadro clinico, mediante profilassi vaccinali (ad esempio i vaccini anti-SARS-CoV-2, anti-influenzale e anti-pneumococcico), se non sono note controindicazioni specifiche.
? L’esecuzione regolare di esami del sangue e delle urine.
Ad oggi [gennaio 2023, N.d.A.], sul portale consultabile pubblicamente <https://clinicaltrials.gov/> compaiono almeno trenta studi clinici aventi come oggetto principale le distrofie dei cingoli. Alcuni di questi presentano farmaci sperimentali anche di tipo genico, specifici per la sottoforma di LGMD, altri invece sono di tipo osservazionale, ossia senza farmaco ma con l’obiettivo di essere pronti, grazie a scale di valutazione multiparametriche informative, in vista dei futuri trial terapeutici.