Pubblicato da Alessandro Rosa il: 4 giugno 2024

I brand e la disabilità

Dalla pubblicità alla differenziazione del prodotto (terza parte)

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Negli scorsi numeri di questa rivista avevamo presentato dei brevi estratti appartenenti alla tesi di laurea triennale di Alessandro Rosa “I brand e la disabilità: dalla pubblicità alla differenziazione del prodotto” (corso di studi dell’Università di Torino in Economia aziendale, percorso Marketing). Continuiamo dunque il filo del discorso riportando altri passi di questa tesi, nei quali il nostro bravo autore prosegue la sua approfondita analisi dell’importante nonché interessante tema relativo ai diversi modi nei quali oggi “le imprese si approcciano al mondo della disabilità, dalla pubblicità allo studio e all’ideazione dei vari prodotti”. Ricordiamo che questo è un argomento di stretta attualità oltreché di fondamentale rilevanza per il raggiungimento di una piena inclusione (non solo delle persone disabili) nella società contemporanea.

Terzo Capitolo, Primo Paragrafo

Prodotto inclusivo come strategia di differenziazione o come strategia di concentrazione nel core business

09-11-I-Brand-4Prima di attuare una strategia, sia essa di differenziazione o di concentrazione nel core business, è opportuno tenere conto di diversi fattori, come i costi e i benefici che derivano dal fare questa scelta, i rischi, le risorse necessarie in termini sia finanziari che umani eccetera. La differenziazione è una strategia che mira a creare un prodotto unico, con il fine di far percepire un valore aggiunto ai propri consumatori. Esistono prodotti/servizi che permettono un maggior grado di differenziazione e altri, come i beni primari (commodities), che invece presentano una difficoltà maggiore, essendo per lo più prodotti standard. Però differenziare non significa semplicemente creare un prodotto unico per i potenziali acquirenti, bensì, attraverso studi approfonditi, analizzare il rapporto con il cliente sia dal lato della domanda che dell’offerta. Quindi da un lato l’impresa si chiederà, oltre a come creare un articolo esclusivo, se quest’ultimo potrà soddisfare le esigenze dei consumatori, non superando i costi sostenuti per ottenere il vantaggio della differenziazione. Dall’altro lato, cioè da quello della domanda, bisognerà analizzare questioni più di tipo psicologico, cercando di capire quali sono le necessità e come l’impresa può soddisfarle in modo efficace ed efficiente. Naturalmente, rispetto alla concorrenza, i prodotti differenziati non sono standard e per essere ideati e realizzati occorre avere una buona flessibilità mentale, accompagnata da un’elevata creatività.

Un esempio di differenziazione potrebbe essere quello di Tommy Hilfiger che, con la creazione della sua linea Tommy Adaptive [cfr. Vincere Insieme n. 2/2023, N.d.R.], ha deciso di ampliare i propri orizzonti creando una collezione per i portatori di diversi tipi di disabilità. La linea è stata studiata per coniugare fashion e comodità e infatti, dopo attenti studi sulle esigenze di questi nuovi potenziali acquirenti, sono stati creati capi pratici e più facili da indossare. Questo caso potrebbe rappresentare l’esempio di una differenziazione, in quanto Tommy Hilfiger è già un produttore di vestiti affermato nel mondo della moda, ma grazie a quest’innovativa collezione ha scelto di espandere la sua attività principale ricercando un nuovo segmento di clienti. A oggi ben poche imprese hanno deciso di estendere la propria gamma di prodotti a questo tipo di clientela, quindi Tommy Hilfiger possiede sicuramente un forte vantaggio competitivo rispetto ai suoi concorrenti.

Un esempio dell’attuazione di una strategia di differenziazione nel settore automotive potrebbe essere quello di FCA (Fiat Chrysler Automobiles) che, essendo molto attenta alle tematiche legate al mondo della disabilità, ha creato la FCA Autonomy. Quest’ultimo è un programma di mobilità ideato per permettere a coloro che presentano limitazioni sensoriali, motorie o intellettive di muoversi in completa autonomia con le vetture del gruppo. Oltre a offrire vantaggi concreti alla clientela (sconti, finanziamenti e assistenza stradale), FCA Autonomy prevede diciannove Centri di mobilità in tutto il territorio nazionale, presso i quali viene fornito l’appoggio per semplificare l’ottenimento della patente di guida speciale e si mettono a disposizione professionisti specializzati e attrezzature all’avanguardia, come dei simulatori, tramite cui è possibile testare le proprie capacità di guida e progettare un’auto ad hoc adatta alle proprie esigenze. Oltre a questo programma, FCA promuove e sponsorizza eventi destinati ai disabili e alla sensibilizzazione (ad esempio le Settimane multisport per persone con disabilità organizzate da Freewhite e finanziate dal gruppo FCA).

Al contrario la strategia di concentrazione nel core business dell’azienda consiste nel raggruppare meglio le risorse all’interno della propria attività principale, attraverso un’integrazione verticale od orizzontale. L’integrazione verticale è costituita dall’ampliare o spostare l’attività lungo la catena produttiva, integrandosi verso valle, ossia verso i consumatori, oppure verso monte, cioè verso i fornitori di materie prime. Invece l’integrazione orizzontale si ottiene quando l’azienda decide di muoversi nello stesso settore, mantenendo i medesimi consumatori e produttori. Un possibile esempio di strategia di concentrazione nel core business potrebbe essere quello di Pride, che da anni ha concentrato la sua attività nel settore dell’handicap creando carrozzine elettriche, manuali e comode studiate su misura per le diverse esigenze dei clienti.

Gli esempi menzionati in questo paragrafo mirano a far comprendere come alcune aziende produttrici di linee specifiche, in questo caso per disabili, riescano addirittura a far emergere un nuovo segmento di mercato fino ad allora rimasto inesplorato. In effetti le persone disabili sono parte della società e come tali una fetta di clientela che, rispetto a ciò che succedeva qualche anno fa, sta cercando di integrarsi sempre più, facendo valere maggiormente i propri diritti. Pertanto oggi sono sempre più numerose le case produttrici di giocattoli, indumenti, accessori e articoli di intrattenimento che decidono di ampliare il proprio business realizzando dei prodotti che possano essere adatti alle esigenze di tutti, senza alcun tipo di distinzione.

Terzo Capitolo, Secondo Paragrafo

Dalla linea di vestiti ai giocattoli raffiguranti le diversità

Accogliendo la crescente sensibilità della società attuale nei confronti delle tematiche relative alla disabilità, anche le case produttrici di giocattoli, articoli di abbigliamento, prodotti di bellezza, automobili eccetera, stanno percorrendo il cammino dell’inclusività, cercando di essere attente a tutte le frange sociali.

Affinché nessun bambino si senta escluso, e discriminazioni e pregiudizi possano essere demoliti fin dalla prima infanzia, le imprese del settore stanno introducendo sul mercato articoli sempre più mirati. A tale proposito è opportuno distinguere due differenti forme di inclusività: quella relativa alla fruizione dei giocattoli stessi, resi accessibili anche a bambini con bisogni specifici o portatori di handicap, e quella che riguarda la rappresentazione del mondo e delle sue sfaccettature. Nel 2015 è stata lanciata la campagna “#ToyLikeMe”, allo scopo di invitare l’industria mondiale dei giocattoli a rappresentare anche i bambini disabili. La campagna ha avuto un notevole successo e ha smosso le grandi aziende, portando così all’introduzione di numerosi giochi inclusivi: la scuola senza barriere architettoniche e i cani guida per la Playmobil, la persona in carrozzina realizzata dalla Lego, le bambole Tinkerbell dotate di impianti cocleari, i bambolotti con la sindrome di Down di Miniland e la serie “Barbie Fashionistas” della Mattel, in cui sono presenti una Barbie con una gamba protesica e una sulla sedia a rotelle, di cui se ne parlerà nel prossimo paragrafo.

Anche il comparto della moda sta diventando sempre più inclusivo: infatti le aziende sentono ora la necessità e l’importanza di inserire nelle loro collezioni più linee di articoli per persone con disabilità. Il cosiddetto adaptive fashion non è una mera moda temporanea, ma è la risposta all’esigenza di semplificare e di adattare i capi di abbigliamento ai bisogni degli individui portatori di handicap, altrimenti costretti a ricorrere a modifiche fai da te. Per tali ragioni, l’azienda Tommy Hilfiger ha studiato la linea Tommy Adaptive, che prevede articoli d’abbigliamento creati per rispondere alle esigenze dei consumatori con differenti tipologie di disabilità. Inoltre anche Asos, azienda di abbigliamento online, ha realizzato una tuta impermeabile adatta a persone in carrozzina. Per quanto riguarda l’ambito calzaturiero, Nike ha ideato le FlyEase, scarpe che possono essere calzate senza l’aiuto delle mani. Questi esempi rappresentano dei primi, importanti passi in avanti, tuttavia le questioni da risolvere restano ancora molte, basti pensare all’“insormontabile” problema delle barriere architettoniche nei negozi di abbigliamento (e non solo).

La corsa all’inclusività sta coinvolgendo anche i brand di salute e bellezza, i quali stanno scegliendo sempre più persone con disabilità come testimonial. Paradossalmente, nonostante ciò, l’evoluzione del design dei prodotti verso una maggiore accessibilità procede ancora a rilento. Infatti tuttora, per le persone disabili, usare prodotti di bellezza e per l’igiene personale può essere molto frustrante, se non addirittura impossibile. Proprio per questo motivo alcuni brand stanno sviluppando prodotti più accessibili. Un esempio è Unilever che, nel 2021, ha ideato il primo deodorante adattivo, dal nome “Degree Inclusive”, pensato per consumatori con disabilità. Anche Procter & Gamble ha imboccato questa strada con il marchio Olay, creando il nuovo tappo Easy Open, dotato di un’etichetta in Braille e facile da impugnare e da aprire per chiunque. Invece nel campo del make-up, Khol Kreatives ha realizzato diversi modelli di pennelli accessibili dall’impugnatura di facile presa.

Nel campo del food and beverage il packaging costituisce un elemento sempre più importante per la Corporate Social Responsability e di innovazione sul fronte della sostenibilità sociale e ambientale. Infatti si va dal caso di Kellogg con la tecnologia NaviLens, presente su tutte le confezioni di cereali per persone non vedenti e ipovedenti, a quello della birra West Side, che ha aggiunto sulle proprie lattine il testo in Braille. Per quanto concerne il settore delle autovetture, ormai tutti i più grandi gruppi automobilistici collaborano con aziende produttrici di allestimenti per offrire il massimo del comfort e dell’accessibilità a persone portatrici di handicap.

L’inclusività sta riguardando anche il mondo della tecnologia. Alexa di Amazon è un importante strumento in grado di rendere più autonome e indipendenti le persone con disabilità, infatti è possibile collegare quest’assistente vocale a qualsiasi dispositivo elettronico presente in casa, permettendone l’utilizzo attraverso il solo uso della voce. Invece l’Xbox Adaptive Controller lanciato da Microsoft è un joystick per videogiochi modificabile e adattabile alle necessità delle persone con disabilità fisiche.

Infine va menzionato il caso di Airbnb, che nel 2018 ha intrapreso il cammino dell’inclusività introducendo sulla piattaforma online ventun nuovi filtri di accessibilità, allo scopo di rendere più semplice trovare gli alloggi adatti ai bisogni degli ospiti con disabilità. (continua)