Pubblicato da Galeocerdo il: 30 maggio 2016

Quattro colpi di pistola

Certo, redigere questa breve nota non era al primo posto nella lista dei nostri desideri. Tuttavia, anche più spesso di quando vorremmo, dobbiamo fare i conti con un realtà molto diversa e più amara di quanto pensassimo. Nasconderlo non serve, parlarne, forse, sì, almeno per aumentare il grado di accettazione.

pistorius

Il nostro odierno soggetto non ha bisogno di molte presentazioni: Oscar Leonard Carl Pistorius è un famoso ex atleta sudafricano, pluricampione paralimpico e, ahinoi, pure assassino della sua fidanzata, Reeva Steenkamp. Così l’ha etichettato la Corte suprema del suo paese, con un eloquente verdetto: “Chi spara quattro revolverate contro una persona, in una toilette di due metri per tre, lo fa per uccidere”. Inoltre, ha continuato il giudice, “La disabilità di un soggetto non può motivare un gesto di tale violenza”. Già, la disabilità, come hanno scritto i giornali, “…quella che ha permesso al campione di farsi conoscere al mondo. Quelle protesi a cui deve tutto, che gli hanno garantito e gli garantiranno una sopravvivenza più dignitosa nel carcere-inferno dove trascorrerà i prossimi anni della sua vita”.
Al momento in cui scriviamo siamo all’oscuro degli eventuali sviluppi giudiziari. Infatti la nuova sentenza è attesa entro l’estate, e questa volta Pistorius può solo più sperare nella clemenza dei magistrati. A questo punto non vogliamo strapparci le vesti, né unirci allo sterile gossip così di moda in questi casi. Neanche desideriamo fornire un ulteriore, minuscolo e ininfluente contributo alla marea di chiacchiere scatenate dai dibattiti sulla liceità di mescolare disabili e normodotati nelle competizioni sportive. Purtroppo resta solo la delusione, una profonda delusione, che ci amareggia scolorando quanto di meraviglioso era stato generato dall’avventura atletica di Pistorius.
In effetti questo terribile fatto di sangue non è un “semplice” errore che ha macchiato una carriera luminosa, un’improvvisa vertigine causata dal successo a livello planetario. Uno dei pochi commenti possibili è riassumibile dal titolo di un quotidiano, cioè “Lo sconcerto dei disabili: distrutto il nostro mito”. E qui diventa lecito scomodare questo termine, poiché la facoltà di farlo è racchiusa nella spiegazione di un’onorificenza a lui concessa in passato: “Per i risultati nel campo dell’atletica che hanno contribuito ad ispirare il benessere delle persone con disabilità in Africa” (e non solo in Africa, verrebbe da aggiungere…). Difatti sussisteva la responsabilità di costituire un esempio positivo su scala mondiale, con tutti gli annessi e connessi, altro che l’inconcepibile atto di uccidere un essere umano!
Si può declinare, abdicare, ma non si può fallire in questo modo, soprattutto se ci si muove in un campo così delicato come quello disabilità.
Un’ulteriore eco giunge pure dai ramificati forum presenti in internet dove, pescando qua e là e trascurando le onnipresenti scempiaggini, abbiamo letto interventi magari rozzi ma incisivi tipo: “Tutto questo ci fa capire una sola cosa: nessuna menomazione sarà mai tanto grave quanto la mancanza di intelligenza!” (Emiliano), oppure: “Paradossalmente una persona eccezionale che ha sfidato i pregiudizi si è rivelato semplicemente un uomo comune, la cui aggressività e violenza non poteva e non doveva mescolarsi con la sua condizione. Paghi per quel che ha fatto. Senza deroghe” (Evi).
Anche nel nostro piccolo siamo stati danneggiati da questo scellerato personaggio perché, durante le nostre lezioni di sensibilizzazione nelle scuole, usavamo pure una sua immagine per illustrare la “bellezza della diversità”. Dopo questo tragico evento l’abbiamo subito sostituito con Alex Zanardi, un vero campione di casa nostra, genuino, simpatico, tenace e soprattutto… perbene!