Pubblicato da Gianni Minasso il: 24 novembre 2015

Le famiglie dei bambini e dei ragazzi con distrofia muscolare: carico, rete sociale e sostegno professionale

Le distrofie muscolari sono considerate patologie degenerative inguaribili, tuttavia, negli ultimi anni, il miglioramento dei trattamenti ha portato ad una maggior durata della vita e, conseguentemente, dell’assistenza familiare.

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Il coinvolgimento familiare nella cura delle persone con DM è una risorsa che facilita l’adattamento del paziente alla patologia, migliora la sua risposta alle cure e contribuisce al mantenimento, più a lungo possibile, di una buona qualità di vita.
Prendersi cura di una persona cara con una patologia di lunga durata, può avere effetti positivi ma anche essere impegnativo. Il relativo “carico familiare” include conseguenze pratiche (lavorative, economiche, nelle relazioni familiari, nelle attività ricreative, nei rapporti sociali) e psicologiche (sensi di colpa, sentimenti di perdita, tensioni, disturbi psichiatrici minori, conflitti nelle relazioni familiari, stigmi). Inoltre il finora poco esplorato carico nei minori evidenzia problemi nelle relazioni sociali e nella vita scolastica, sensi di colpa, difficoltà nel comunicare con i congiunti ammalati e sostegno professionale raramente disponibile.
I fattori di rischio familiari sono il sesso femminile e il basso livello di istruzione, mentre quelli clinici sono la disabilità, la lunga durata della patologia e l’incurabilità.
Invece i fattori di protezione sono il saper affrontare le difficoltà con spirito di adattamento, l’avere una buona rete sociale e, naturalmente, un adeguato sostegno professionale. Purtroppo la scarsità dei dati sul carico familiare nelle DM ha rallentato lo sviluppo di interventi di sostegno mirati. Allo scopo di colmare questa lacuna e anche per sviluppare interventi psicologici mirati, lo studio Telethon-Uildm in questione ha coinvolto otto centri specializzati nella diagnosi e nella cura delle DM, riuscendo così a documentare a livello nazionale la situazione di oltre 500 famiglie con bambini o ragazzi colpiti da varie forme di DM.
I familiari hanno riferito difficoltà di ordine pratico (es.: economiche, nel lavoro, nello studio e nelle attività domestiche, dover trascurare gli altri familiari, svegliarsi di notte, rinunciare a hobby, vacanze e a incontrare gli amici) e psicologico (es.: senso di colpa per aver trasmesso la malattia, piangere e sentirsi depressi, preoccuparsi per il futuro, paura di non poter più reggere la situazione, conflitti e problemi in famiglia, disagio in luoghi pubblici).
A fronte di difficoltà pratiche e psicologiche, talvolta marcate, i familiari hanno riferito anche aspetti positivi legati all’esperienza, soprattutto da parte di coloro capaci di vedere nel paziente una persona sensibile, con abilità e talenti (es.: “Ho imparato ad apprezzare anche le piccole cose”, “Ho capito che le difficoltà aiutano a maturare”, “Sono diventato più forte, combattendo per le persone a cui tengo”, “Ho imparato a non perdere mai la speranza”, “Sono diventato più sensibile e attento agli altri”, “Ho conosciuto molte persone che sanno starci vicine”).
Oltre la metà dei familiari intervistati ha poi fornito alcune raccomandazioni su cosa fare per migliorare la loro situazione (es.: istituire centri di cura che coprano aspetti clinici e sociali delle DM, migliorare le politiche di welfare semplificando le procedure burocratiche, rimuovere le barriere architettoniche, concedere aiuti economici per coprire i costi degli spostamenti necessari per ricevere cure specialistiche, erogare sostegno psicologico per famiglie e pazienti, investire di più nella ricerca sulle malattie rare, procurare un appoggio scolastico ai pazienti, sensibilizzare la gente comune sulle DM).
In conclusione, nelle fasi più difficili della patologia,familiari e pazienti dovrebbero ricevere un sostegno professionale mirato, mentre gli operatori sanitari dovrebbero essere specificamente formati, già durante gli studi universitari, a sostenere le famiglie dei pazienti, valorizzando l’importanza del coinvolgimento familiare nelle cure senza sminuirne le difficoltà.
Testo sviluppato da Gianni Minasso
in linea con le indicazioni di Lorenza Magliano (Dipartimento di Psicologia, Seconda Università di Napoli)
Coordinatore dello studio Telethon-Uildm GUP10002